Bouvard e Pécuchet e webeti

Alfio Squillaci scrive:

Bouvard e Pécuchet è un libro atroce. È il più grande sfottó della fiducia illuminista nella diffusione dei saperi. È una “Enciclopedia” rovesciata e sbeffeggiata. Per settimane sono rimasto come paralizzato dopo averlo letto. Non riuscivo ad aprire nessun libro senza scorgervi idiozie e senza sentirmi io stesso non solo in quanto lettore ma in quanto uomo un idiota. È un libro sulla scia di Cohélet, un libro biblico e disperato dalla cui fascinazione sinistra non sono riuscito ancora a liberarmi. E se smettessi DAVVERO di leggere?

Lo ammiro molto, e ho conosciuto e letto Bouvard e Pécuchet proprio grazie a lui e alla lettura della sua Frusta Letteraria. Quelle che seguono sono le mie considerazioni su quanto ha scritto e sul mio punto di vista sul libro.

Quanto si adatta bene, Bouvard e Pécuchet, a descrivere l’approccio al sapere dell’idiota nell’era di Facebook.

Oggi sembra che basti aver letto un articolo sulla Wikipedia, un post su un blog, o aver seguito un corso online, per diventare subito esperti di qualunque materia, e credersi in grado di poter fronteggiare a pari merito (o persino di sbeffeggiare o insultare) esperti che studiano l’argomento o lavorano nel settore da decenni. Basta vedere i commenti della gente comune agli articoli su Facebook di medici, scienziati, geologi, fisici, giornalisti, esperti di vari settori.

A me questo libro non fa passare la voglia di leggere: mi fa capire che padroneggiare un ramo della conoscenza umana è lavoro di una vita, e che i libri sono solo una parte di ciò che è necessario. Tutti possiamo leggere i libri che ha letto un medico, un avvocato, un perito agrario, un geologo, ma la loro conoscenza della materia è data solo in parte da ciò che hanno letto. Il sapere si trasmette anche (soprattutto) con il frequentare certi ambienti, con il parlare con certe persone, con l’esperienza pratica, con il passaggio di tradizioni, punti di vista, modi di vedere le cose. Con la passione e la vita pratica nell’ambiente in cui quel sapere è esercitato.

Bouvard e Pécuchet sono i concorrenti di Masterchef che pensano di poter diventare cuochi seguendo trasmissioni e leggendo libri, sono i nuovi esperti di medicina che dopo aver letto due post pensano di poter controbattere su Facebook a luminari del settore, sono i creatori di “startup” che pensano di poter creare un’azienda rivoluzionaria partendo solo da un’idea e dalla lettura di un libro, sono i finti imprenditori che pensano di potersi garantire una rendita con un franchising da trentamila euro, sono i nuovi avventurieri che pensano di poter ripercorrere il viaggio di Shackleton solo perché hanno abbastanza soldi e tempo e credono che sia una passeggiata, e poi muoiono. E avrei mille altri esempi.

Credo che questo libro sia di una modernità incredibile: rappresenta in modo perfetto l’idiota moderno (il webete, come lo definisce Mentana).

Almeno però Bouvard e Pécuchet ci provavano a mettere in pratica ciò che leggevano e studiavano, anche se malamente. Quello a cui assistiamo ora invece è molto peggio: persone che pensano di essere migliori degli esperti e dei luminari, senza neache aver mai messo in pratica nulla. Non si sporcano neanche le mani, non abbandonano il proprio lavoro, non rischiano le proprie fortune: seduti su un divano, dalla loro tastiera, vogliono dire la loro, insultare, schernire, controbattendo a gente che dedica la vita allo studio di un settore.

Anche io non riesco più a leggere un libro “senza scorgervi idiozie e senza sentirmi io stesso non solo in quanto lettore ma in quanto uomo un idiota”. Quando commento o riporto qualcosa, penso sempre di essere come Bouvard e Pécuchet, goffo e imbranato nella pratica, se non nei pochi settori a cui ho dedicato la mia vita.

Ma non mi fa passare la voglia di leggere: rafforza la mia idea sul fatto che nella vita si possono fare poche cose se le si vogliono fare bene, che una professionalità in un settore richiede decenni di studio e pratica, e che i libri servono a scoprire, a conoscere, ad accrescerci culturalmente, a definire le basi di una professione o attività. I libri sono condizioni necessarie ma non sufficienti per poter fare qualcosa di pratico, e se si vuole fare qualcosa bene bisogna trovare il giusto compromesso tra la teoria e la pratica (ecco, non sono riuscito a concludere senza attingere al “Dizionario dei luoghi comuni” 😃 )

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